OLTRE IL DENARO - EPISODIO 1
di Giuseppe P. Statti | pubblicato il 1 maggio 2025
L'inizio del dubbio
Voce narrante: Lorenzo Balestra, professore di Liceo
Non saprei dire quando l’ho sentito per la prima volta.
Forse è stato quel lunedì, appena prima del suono della campanella. I ragazzi erano ancora mezzi addormentati e armeggiavano con i telefoni sotto i banchi, come sempre. Ma qualcosa era cambiato. Gli schermi non mostravano TikTok, meme o video musicali. Mostravano code. Fuori da banche. Gente agitata. Titoli che lampeggiavano.
«Prof, è vero che stanno finendo i soldi?» mi ha chiesto Marco, uno dei più svegli della quinta D. Ho abbozzato un sorriso. «I soldi non finiscono. Si trasformano.» Frase infelice, me ne sono accorto subito. Sembrava una battuta, ma non lo era.
Quella sera, tornando a casa, ho aperto il portone e ho trovato la buca delle lettere piena di volantini. Offerte per “convertire contanti in beni reali”. Un cartolaio che offriva sconti solo per chi pagava in monete. “Monete vere”, specificava. Ho alzato lo sguardo: la signora del terzo piano guardava dalla finestra con l’espressione tesa di chi ha appena spento il telegiornale.
Nel mio appartamento, silenzioso e ordinato, ho acceso la radio. Parlavano di “tensioni nei mercati”, “interventi straordinari della BCE”, “liquidità congelata a titolo precauzionale”. Le stesse parole che si usano quando sta per iniziare una guerra, solo che nessuno sa contro chi.
Martedì ho provato a fare lezione su Aristotele. La giustizia commutativa e distributiva. Ho sempre amato quel tema. L’equilibrio, la proporzione, la reciprocità nei rapporti umani. Ma la classe era altrove.
Una ragazza — Gaia — ha alzato la mano: «Ma se i soldi non valgono più, cosa vale?». Silenzio. Lì ho capito che la lezione non era più su Aristotele. Era sulla paura.
Nel pomeriggio ho ricevuto un messaggio da mia figlia. Vive a Berlino, fa la ricercatrice.
“Papà, qui la gente ha ritirato tutti i soldi in un’ora. Puoi controllare anche tu?”
Sono andato allo sportello. La banca del quartiere era chiusa “per manutenzione straordinaria”. Una donna piangeva davanti alla porta. Un uomo gridava contro il vetro. Io sono rimasto lì, immobile, per almeno cinque minuti. Non saprei dire se per lucidità o per panico.
Quella sera ho aperto il cassetto dove tengo i vecchi appunti universitari. Mi è caduto in mano un foglio ingiallito con una citazione di Baumam:
"Viviamo in un mondo in cui la stabilità è diventata instabile. Dove anche ciò che dovrebbe essere solido, evapora."
Sotto c’era scritto, a penna, un mio appunto:
“Il denaro è solo la forma della fiducia. Non la sua sostanza.”
L’ho letto tre volte.
Mercoledì la scuola è rimasta aperta, ma sembrava sospesa nel vuoto. I ragazzi venivano, ma non ascoltavano. I colleghi parlavano solo di conti correnti, bancomat bloccati, transazioni respinte. Qualcuno aveva già ritirato tutto in contanti. Qualcun altro diceva che il contante non serviva più a nulla.
Io ho pensato a quanto siamo abituati a vivere nella metafora. Parliamo di “risparmi” come se fossero qualcosa di reale, tangibile, indistruttibile. Ma erano solo bit. Promesse. Numeri su uno schermo.
Forse è già successo.
Fine Episodio 1