Oltre il Denaro – Episodio 5
di Giuseppe P. Statti | pubblicato il 27 maggio 2025
La firma invisibile
voce narrante: Marta Rinaldi, viceministro dell’Economia
Non ho dormito. Di nuovo.
Quattro notti di fila, con la luce accesa e il telefono acceso, sempre connessa a qualcosa che non riesco più a controllare.
Alle 4:13 mi sono alzata, ho aperto il portatile, e ho riletto il testo del decreto.
“Decreto per la stabilità finanziaria e la protezione della sovranità monetaria.”
Il titolo suona bene. Rassicura. Ma so cosa c’è dentro.
Congelamento dei depositi sopra i 30.000 euro. Introduzione della valuta digitale di Stato. Limitazione delle transazioni settimanali. Tracciabilità obbligatoria per ogni spesa.
Ogni parola è giustificabile. Ma tutte insieme formano un’altra cosa.
Alle 6 ho fatto colazione con mio figlio. Otto anni. Si è accorto che ero più silenziosa del solito.
«Mamma, ma tu salvi il Paese?» Ho sorriso. «Ci provo.» Poi mi ha abbracciato. Io ho fatto finta che andasse tutto bene.
Alle 9:00, riunione in Presidenza. Facce tese. Alcune arrabbiate. Altre, peggio: indifferenti.
Il Presidente ha detto: «Se non firmiamo oggi, domani non ci sarà più nulla da firmare.» Qualcuno ha annuito. Qualcun altro ha guardato il telefono. Io ho guardato il mio respiro.
Alle 10:42 ho firmato. Una delle centododici firme necessarie per far passare il decreto. La mia era la numero 68. Nessuno applaude a queste cose.
Nel pomeriggio sono andata in Parlamento. Banchi pieni. Corridoi vuoti. Nessuno voleva parlare davvero.
Un deputato dell’opposizione mi ha sussurrato: «State vendendo la libertà per paura.»
Non ho risposto. Ma dentro, ho sentito un vuoto.
Non perché avesse ragione. Ma perché forse nessuno ha più torto o ragione.
Alle 17 ho rilasciato un comunicato.
«Misure straordinarie per tempi straordinari. Fiducia, trasparenza, sicurezza.»
Tutto vero. Ma anche tutto costruito.
La fiducia non si annuncia. Si respira. Oppure no.
Quella sera ho preso la metro. Da sola. Nessuna scorta. Nessuna auto blu.
Volevo sentire il Paese. Toccarlo con gli occhi.
Ho visto una donna piangere davanti a un bancomat.
Ho visto un ragazzo che diceva: «Non ho più niente nel conto, ma ho il telefono pieno di notifiche.»
Ho visto un padre spiegare alla figlia che non potevano più comprare gelati.
E ho pensato: Questo è il prezzo della stabilità?
O forse: Questo è l’inizio di qualcos’altro?
A casa, ho scritto una frase su un foglio:
“La paura ci unisce. Ma è la fiducia che ci tiene in piedi.”
L’ho lasciata lì. Poi ho abbracciato mio figlio. Aveva ancora il sapore della colazione.
Fine Episodio 5